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Interviews & articles
     
 Robert Wyatt Un'intervista - Musiche N°1 - Primavera 1988


UN'INTERVISTA



Ci sono diversi motivi che ci spingono a pubblicare questa intervista a Robert Wyatt (oltre, ovviamente, all'enorme stima per l'uomo). Su tutti, il fatto che non è un'intervista concessa ad una rivista musicale, o alla redazione musi­cale di qualche genere di pubblicazione, bensi ad una rivista politica (Mambi, Revista de la Brigada Antonio Maceo en Espãna, n. 9, luglio '87).
Di conseguenza, la possibilità di approfondira alcune tematiche meno frequentate dagli intervistatori abituali ci interessava, ed è stata più forte della schematizzazione che ha comportato il passaggio dall'inglese allo spagnolo: una schematizzazione che, elidendo la malinconica serenità, la ricchezza di sfumature e l'ironia che non di rado vestono le parole di Wyatt, faceva spesso sembrare le idee tagliate con l'accetta, e contro la quale poco ha potuto la bella traduzione di Daniela Zanin.
Vale forse ricordare, allora, quanto disse il Nostro, in un'altra occasione, a proposito della sua idea di socialismo: «È più un coinvolgimento emozionale che razionale, per me. Mi sembra che il socialismo dia più possibilità ad un maggior numero di gente di avere più dignità che non altri sistemi. Allora penso di essere un socialista».
0 la risposta che diede a chi gli chiedeva se pensava di rimanere tutta la vita iscritto al PC inglese: «Non penso razionalmente di uscire dal partito, per la sola ragione che essere ex-comunista mi pare più presuntuoso che essere comunista».

Alessandro Achilli



di Gloria Baste Pascual


Le idee si affollano nella mente, tante cose nuove da conoscere, tante da chiedere, emozione prima dell'incontro con Robert e Alfie, la sua compagna, che, come lui stesso dice «è al corrente molto più di me delle cose che accadono nel mondo», parliamo di Cuba, dell'arte e un po' di tutto; innanzitutto cominciamo col bere un bicchiere di rhum parlando dei suoi pezzi ispirati alla nostra cultura — quali Caimanera e Yolanda.

Perché li hai scelti, Robert?
Io ho interpretato canzoni cilene molto tristi di Violeta Parra e Victor Jara e non amo essere considerato uno che canta solo cose tristi, per questo cerco canzoni con un po' più di effetto di quelle della cultura cilena, culture con un po' più d'allegria. Troppe delle mie canzoni sono tristi, visto che, stando in Inghilterra, non posso produrre altro che questo, e, cercando canzoni che mi ispirino felicità, ho incontrato quelle cubane. Nel mio paese si parla molto della cultura cubana al di fuori di Cuba, di musicisti jazz che se ne sono andati, ma secondo me i musicisti migliori vivono a Cuba, per esempio il gruppo Irakere e molti altri, come Donato Poveda, del quale ho ascoltato una canzone, La Campana de cristal, alla televisione, o come il trombettista Arturo Sandoval, il quale spiega molto bene il fenomeno della cultura al di fuori di Cuba, come cioè sono state rubate idee della musica cubana o di Porto Rico, e appropriandosene si parli della «salsa» come di qualcosa di proprio; i gruppi degli Stati Uniti vanno bene per ballare, però sono molto meno evoluti che quelli cubani, che si sono occupati a lungo di musica africana, e ogni giorno progrediscono nella loro arte.

Robert, perché Yolanda?
Perchè con la mia tecnica abbastanza limitata posso cantarla, e quando qualcosa mi piace e posso farlo, lo faccio.

Prima parlavi di popoli e canzoni allegre e tristi: la differenza, in questo momento, fra il Cile e Cuba, le loro situazioni politiche e sociali, è ben grande. Credi che Cuba stia passando un momento allegro?
Io non conosco Cuba direttamente, come artista però viaggio tramite l'arte, non è necessario mettere piede in un luogo, e questa mescolanza di culture spagnola e africana mi interessa molto, ora sto iniziando a leggere Nicolàs Guillén, e, anche se per me è difficile leggere in spagnolo, mi piace molto. Inoltre ho visto a Londra dei film cubani (Memorias del subdesarrollo, Hasta cierto punto, La ùltima cena, etc.), leggo Fidel, e quando riesco a sintonizzarmi sulle onde corte con Radio Habana, la ascolto, ed è per questo che sono al corrente di quello che succede a Cuba; ho terminato da poco di leggere l'intervista di Fidel con due giornalisti nordamericani, e credo che questo libre dica molte cose importanti, tra le altre, lui parla delle Olimpiadi e dice cose molto importanti sul mondo; anche se so che non dobbiamo avere il culto della personalità, credo che lui sia l'uomo di questo secolo, un grande pensatore con molta sensibilità per le piccole cose. La società avanza, questo è un motivo per essere allegri.

Che ripercussioni ha avuto la visita del gruppo Irakere in Inghilterra?

Gli Irakere hanno ottenuto reazioni molto favorevoli a Londra, dove la loro visita si è prolungata; hanno suonato al Ronnie Scotts, che è uno dei luoghi sacri del jazz, e lo hanno riempito di gente ogni volta: Ronnie e i suoi amici non si occupano di politica, però la scoperta della musica cubana li ha impressionati favorevolmente, e li ha riempiti di orgoglio; al contrario, una mia amica ha girato un filmato su di loro per la televisione inglese, e io stesso un'intervista, che non sono mai stati trasmessi. La tv parla tanto di «scoprire» gruppi latinoamericani, però non di Cuba, e si dice che è libera, questo è molto triste.

È il potere dei mezzi di Comunicazione di massa; però si riescono anche a pubblicare cose come Mambi...
Chiaro, qui per esempio si parla di «catalanismo», ma io non credo che sia la cultura castigliana ad opprimere la catalana, bensi che sia la cultura del nord, quella anglosassone (Inghilterra e Stati Uniti) che opprime le altre culture: qui arrivano tutti i film, per brutti che siano, di questi paesi, vengono i loro divi, li si intervista, vengono anche i loro gruppi musicali; si sta ereditando molto di queste culture: questa si, è un'oppressione.


Si, è cosi che stanno dominando il mondo, sanno che il popolo che domina culturalmente lo fa anche economicamente, per questo se ne sono andati dall'Unesco,non permettono che gli altri popoli alzino il capo.
La propaganda della destra è molto facile da leggere, noi non sappiamo fare bene la propaganda: è necessario trovare la forma più semplice possibile per dire le cose; io ho lo stesso problema con la mia musica, perché il difficile è trovare la forma giusta, e io sono convinto che sia molto noiosa; in questo hanno ragione quando dicono che noi comunisti siamo tristi; questo depliant turistico, per esempio, ha delle fotografie di Cuba cosi belle che convincono più di qualsiasi tipo di propaganda.

È che in questo momento il terreno importante di lotta, è quello dell'informazione e dell'immagine: per questo i tuoi dischi sono cosi importanti.
Ti ringrazio, però il fatto è che io non posso cambiare quello che faccio, la mia musica è cosi, e non sarebbe onesto che facessi un altro tipo di musica, per questo dico sempre che è meglio ascoltare il gruppo Irakere o qualcun altro, piuttosto che i miei dischi, perché loro suonano molto meglio, e questo va bene.

Beh, però tu stai parlando di gruppi appoggiati dalla loro società e che hanno potuto lavorare sulla musica a tempo pieno e uscire, per dimostralo, all'esterno del paese.
Si, ma dobbiamo fare uno sforzo per mantenere questa qualità, saper essere semplici davanti alle platee per farci conoscere in tutto il mondo. I punk, per esempio, hanno fatto molte cose con poco denaro; ci teniamo ad essere in grado di fare la musica più interessante: a me attualmente, preoccupa molto l'idea del «come» presentarsi artisticamente, credo che la forma sia una parte dell'arte.

Quali sono le basi del tuo impegno per l'Africa?
Ho molti amici che dal Sudafrica si sono rifugiati a Londra, per la maggior parte musicisti, specialmente dopo la morte del mio migliore amico, Mongezi Feza, che credeva di scappare dagli orrori del Sudafrica e venne a vivere in quello che continuiamo a chiamare «mondo libero»; è morto all'età di 31 anni in un ospedale psichiatrico, considerato uno schizofrenico. I paesi occidentali sono cosi, sono pieni di cose di queto tipo... Molta gente viene qui pensando che sarà libera, come Mongezi... era un trombettista favoloso! Credo che l'Inghilterra sia particolarmente colpevole di quelle che succede in Sudafrica, cosi come lo sono i francesi nella parte orientale dell'Africa e il fatto che ora ci sono molti africani che vivono a Londra ci aiuta a parlare con gente del mondo sottosviluppato, e questa è un'occasione culturale originale, che ti avvicina al discorso politico... C'è molta altra gente che ha molto da dire, però, chissà, forse non capisco bene la loro cultura o la loro arte, mentre con gli africani per me è più facile capire i loro problemi.

Come inglese ti senti responsabile di quello che succede li?
Le banche inglesi, l'Inghilterra è responsable di quello che succede li, l'apartheid è essenziale per gli interessi dei conservatori che vivono li, e c'è molto denaro inglese nell'apartheid, negozi, imprese, che hanno rapporti con l'Africa: il marito del primo ministro, il nome della quale mi è odioso pronunciare, e una gran parte dell'industria inglese e statunitense dipendono dall'uranio che viene da una colonia del Sudafrica, la Namibia, e in questa situazione si vedono tutti i problemi del mondo. In questa colonia gli USA aiutano a reprimere lo SWAPO, perché vogliono piazzarvi delle basi contro il nord dell'Angola; cosi gli Stati Uniti sono giunti all'apartheid, contro la gente. Si confondono le cose, poiché si fa credere che l'apartheid stia aiutando a migliorare il paese, etc.: la realtà è che il razzismo è aumentato con l'aiuto nordamericano.

Abbiamo ascoltato il tuo disco dedicato allo SWAPO...
Per me non è un disco molto buono: preferisco l'originale, che è stato fatto senza il mio aiuto; i temi sono di un gruppo della Namibia, io non ho scritto niente, lo fanno meglio senza l'aiuto di noi inglesi, però la nostra collaborazione è servita perché il disco avesse maggior risonanza mondiale: è per questo che hanno richiesto il nostro aiuto.

Robert e Alfie, vi piace vivere in Inghilterra?
Non ci piace, però abbiamo molte cose là, la famiglia, i cani. Forse se non avessi avuto l'incidente vivrei a Cuba, in Mongolia o in qualche altro paese socialista, però attualmente sarebbe molto difficile, visto che loro hanno già abbastanza problemi da non doversi occupare anche di un paraplegico.

Però tu puoi essere motto di aiuto...
Si, certo, il nostro aiuto dall'Inghilterra può essere utile, in ogni caso mi fa paura viaggiare, e inoltre ho molti altri problemi, come il costo dei viaggi.

Come vedi la sinistra in Europa?
Non vedo cambiamenti in un futuro immediato. Per esempio, non voglio partecipare alle prossime elezioni inglesi, non voglio perché i partecipanti sono tutti troppo simili, con alcuni aspetti differenti, ma dicono tutti le stesse cose; non posso lottare onestamente in Inghilterra per un cambio radicale; io e i miei amici ci rompiamo la testa pensandoci, e credo che l'importante sia che stiamo nel mondo, che è abbastanza piccolo, e difendiamo quelli che hanno un po' di terra socialista da qualche parte. È questo che dobbiamo difendere.
Il PC inglese parla solo di problemi interni, e di come cambiare le cose, sperando che succeda qualcosa, ma attualmente si possono fare anche molte altre cose per aiutare la gente che sta tentando molto seriamente di costruire delle società socialiste, e per me l'importante è dare loro un sostegno, appoggiarli e non solo preoccuparsi dello sviluppo inglese.


I partiti comunisti, in questa parte dell'Europa sono caduti in una trappola dialettica, e si sono allontanati dalla realtà pratica di cambiare il mondo...
È che ci sono due mondi socialisti.

A Cuba attitalmente si stanno facendo dibattiti molto interensanti riguardo al futuro della sociétà...
Si, nel film Hasta cierto punto c'è una critica importante a determinate situazioni che si verificano non solo a Cuba, ma in vari paesi socialisti: l'importante è avanzare e fare autocritica sui passi falsi.

Qual è la tua opinione sulla religione e il suo potère?
È qui che si vede chiaramente il legame tra il rinnovato fascismo del Papa e i suoi amici cileni, per esempio. Si rivela chiaramente il Vaticano, e la sua ideologia; tre o quattro anni fa, quando sostenevo che questo Papa era un po' di destra, nessuno lo credeva, dicevano che era simpatico, e ora possiamo vedere chiaramente che la sua amicizia con Pinochet e la realtà hanno dimostrato che è un uomo pericoloso, con molto pptere e senza alcuna responsabilità; mi sorprende un po' che siano in pochi a criticarlo, tutto il mondo ha paura a parlar male di lui.
Stavo leggendo, in un libro di uno scrittore inglese, che alcuni vedono una frattura all'interno della Chiesa, determinata dall'incidenza del protestantesimo in Inghilterra e Germania, però credo che tutte queste varianti del cristianesimo riconducano comunque al Vaticano. Alcuni sostengono che «risolvendo i problemi dell'America Latina, anche lì la Chiesa diventerebbe una, unica». Se è vero che esiste una Chiesa underground, è altrettanto certo il grosso potere del Vaticano; è necessario rompere questo potere, e in questo momento è difficile, visto che tutti i leader della sinistra stanno sforzandosi di non essere «stalinisti» né «dogmatici», per essere più «moderni». La destra, al contrario, è sempre più dogmatica, e questo mi spaventa, perché non è un gioco di parole. Quello che stanno facendo gli USA in America Latina è una cosa molto seria, e non è molto diverso da quello che faceva Hitler in Europa, però Reagan è ancora più sadico, più monomaniaco e meno onesto di Hitler. Questo è il pericolo reale che grava attualmente sul terzo mondo.


> Zoom

Quali sono attualmente i tuoi progetti?
In questo momento non ne ho; sono parecchi anni che non so cosa fare. Ora sono qui a Barcellona perché me l'ha chiesto la tv catalana, che è venuta qui per fare un programma. Faccio quello che mi chiedono. La cosa certa è che la musica non è al centro dellia mia vita, non so cosa sia al centro, però non c'è la musica; ma non so fare altre cose, e così devo continuare, anche se non mi interessa per niente essere un grande artista, non so perché, ma me ne manca la voglia. Sono un po' perso, ma è stata una costante della mia vita: da bambino non avevo l'idea di fare musica, e bisogna che succeda qualcosa perché io decida cosa vorrei di più essere...

Continueremo a lottare...
Si, questo sì, è esattamente quello che voglio fare, e farlo bene. Non sono un leader, prendo le idee degli altri, le canzoni degli altri e ci lavoro su, come questo disco che mi hanno chiesto di fare i miei amici dello SWAPO, per esempio. che ho fatto, e non è stata mia l'idea. Questo mi interessa molto, essere sempre disponibile a collaborare con gente come loro; però non sono io a dover decidere quello che deve fare lo SWAPO, né nessun altro. La solidarietà in Europa è colonialista: invece di aiutare, discutono di come dovrebbero fare le cose i nicaraguensi, o in Namibia, etc.; questa a mio parere è una visione colonialista délia solidarietà. Vivo in un paese ricco, e non posso dire a un uomo o a una donna che hanno delle responsabilità verso le proprie società, che io non ho, cosa devono fare. Non voglio essere questo tipo di uomo di sinistra; quello che voglio fare è aiutare e devono essere loro a dirmi cosa e come devo fare per aiutarli. Perché sono loro che stanno lottando.

Ogni paese deve fare la sua rivoluzione e la solidarietà deve essere al servizio dei popoli che la realizzano. Se servono abiti, medicine, una canzone, etc., bisogna darglieli perché possono avanzare nella loro rivoluzione, che fra l'altro non abbiamo fatto né in Spagna, né in Inghilterra.
Chiaro.

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Sono le otto di sera, il sole è tramontato, Robert e Alfie si preparano ad andare ad un concerto dei loro amici della rupe flamenca di Castelldefels.

traduzione di Daniela Zanin


Note
1. Giacomo Pellicciotti, «L'inconoclasta cosciente. Intervista a Robert Wyatt», Gong, anno II n. 6. giugno 1975.
2. Pascal Bussy. «Robert Wyatt», Tago Mago, troisième trimestre 1981.

Chi fosse interessato ad approfondire alcuni aspetti della cultura cubana citati nell'intervista può provare a procurarsi: Giovanni Salvioni. L'Africa nera a Cuba. Tradizione popolare e poesia di libertà di Nicolàs Guillén, Vita e Pensiero, Milano, 1974 (ndt)


       
     
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